Thunder Matelica, Carolina Sanchez ''Abbiamo ancora molto da lavorare e situazioni da migliorare''

La carta d’identità di Carolina Sanchez, alla voce “data di nascita”, dice 5 gennaio 1976. Ma quei numeri, per lei, continuano ad essere solo un “optional”. L’ala/pivot della Halley Thunder Matelica anche sabato scorso, nella vittoria a Bolzano per 60-62 (ottava giornata del campionato di serie A2 femminile di basket, sesto successo consecutivo per le biancoblù marchigiane), ha contribuito al “magic moment” che sta vivendo la squadra con 14 punti, 4/6 da tre e 7 rimbalzi.
Una vera e propria “highlander”, Carolina, proveniente però non dalle terre scozzesi del nord - come nel celeberrimo film - bensì dai piedi delle Ande, la città argentina di Mendoza per le precisione.

E lei dell’Argentina – intesa come basket femminile – è un monumento e bandiera: per ben 19 anni (dal 1995 al 2014) ha vestito i colori della Nazionale maggiore albiceleste, prendendo parte a tre edizioni dei Campionati Mondiali e sette dei Campionati Americani. Un record. Alla Halley Thunder è arrivata questa estate per dare esperienza e qualità sotto canestro alla squadra allenata da coach Donenico Sorgentone. Sentiamo come sta andando la sua avventura matelicese e conosciamo qualcosa in più di lei. Mettetevi comodi perché la chiacchierata è lunga - potenzialmente infinita… - come dice lei: «una carriera talmente lunga che potremmo scriverci un libro…».

Carolina, iniziamo… dall’ultima partita, come siete riuscite a fare il “blitz” anche a Bolzano?
«E’ stata una vittoria del cuore e del gruppo. Quando, a metà del terzo quarto, si è infortunata “Pepo” (la connazionale Gonzalez, nda), abbiamo sinceramente avuto paura per lei e abbiamo perso concentrazione per qualche minuto, faticando molto a fare canestro senza il nostro principale terminale offensivo. Siamo state brave a ritrovarci e a rimanere in partita anche senza di lei, tale e tanta era la voglia di vincere per non sprecare quanto di buono avevamo fatto nella prima metà dell’incontro. Ora speriamo che l’infortunio di Pepo non sia grave».

Hai parlato di “gruppo”: è probabilmente uno dei vostri punti di forza in questo brillante inizio di stagione?
«Assolutamente sì. Si è formato un bel gruppo, molto unito. Ognuna di noi sta capendo il suo ruolo e cosa può dare alla squadra. E in ogni partita abbiamo dimostrato che può emergere una giocatrice».

Una sconfitta all’esordio e poi sei vittorie consecutive: che voto dai alla Halley Thunder finora?
«Non può essere che dieci. Abbiamo perso solo la prima partita, ma di poco. Quella sconfitta, comunque, ci è stata utile per cambiare “testa”, credere in noi stesse, nelle indicazioni dell’allenatore e avere fiducia nel nostro gioco. Questo ci ha consentito di vincere anche quando abbiamo giocato meno bene, come con Umbertide. Ad ogni modo, abbiamo ancora molto da lavorare e situazioni da migliorare».

A livello individuale, stai segnando 8,7 punti con il 40% da tre e 4,6 rimbalzi in 20,1 minuti di utilizzo medio: sei soddisfatta del tuo rendimento finora?
«Sono qui per la squadra e per farmi trovare pronta quando l’allenatore ha bisogno. Mi ha spiegato il discorso del minutaggio, che alla mia età va gestito, e ci troviamo d’accordo. Sono contenta. Da sportiva, ovviamente, il desiderio è di dare sempre di più».

Anche dopo tanti anni sul parquet, continui a trasmettere grande entusiasmo ogni partita. Qual è il tuo segreto?
«La pallacanestro è la mia vita. Scendo in campo ogni volta come se fosse la prima partita… o l’ultima. A 47 anni devo essere grata di riuscire ancora a stare in serie A2: molte delle altre giocatrici potrebbero essere mie figlie, ne parlavamo l’altro giorno con Justina (Kraujunaite, nda), sua mamma ha la mia stessa età... Vivere e divertirmi giocando a basket, sempre al cento per cento, ponendomi nuovi obiettivi: il segreto è tutto qui. Devo approfittare di questa opportunità che mi ha dato la società».

A proposito, come ti trovi alla Thunder?
«E’ un bell’ambiente, dove si può lavorare in tranquillità, senza eccessiva pressione. Inoltre c’è una bella connessione tra tutti: squadra, staff e dirigenza. Credo che tutto questo si traduca nella gioia che mettiamo in campo e nei risultati».

Ti dedichi a qualcos’altro oltre al basket giocato?
«Alleno la squadra Under 14 maschile della Janus Fabriano. E’ una bella esperienza, anche perché i ragazzi stanno migliorando e questa è una grande soddisfazione. Allenare i giovani mi piace molto, l’ho fatto anche quando ero a Campobasso e in Argentina».

Argentina, la tua patria… quante partite hai disputato con la tua Nazionale?
«Tante… ma di preciso non lo so, con le statistiche sono un disastro. Ricordo, comunque, che un giornalista le aveva contate, forse in giro su internet si trova scritto».

Che emozione provavi nel vestire la maglia “albiceleste”?
«Vestire la maglia dell’Argentina e portarla in giro per il mondo per me è stato un grande motivo di orgoglio. Ho giocato in tante squadre di club, in tanti paesi, ma penso di poter dire che i ricordi e le esperienze più belle siano state quelle con la Nazionale».

Quando sei arrivata in Italia?
«Nel lontano 1989/90. Venimmo a fare un provino con altre ragazze, accompagnate da una mamma. Avevo 14 anni e mi fermai a giocare a Palermo, in serie A2 e con il settore giovanile, ottenendo così la “formazione” cestistica italiana. Che tempi… ricordo che per comunicare con la mia famiglia il modo più veloce ed economico era il fax… mio padre ne aveva comprato uno e ci scrivevamo utilizzando quello della sede della società. Quando racconto questa storia alle ragazze più giovani, mi guardano con gli occhi di fuori: “il fax? Ma che dice questa?”. Poi sono stata in diverse squadre in Italia e in Spagna, dove ho ottenuto il passaporto spagnolo. Dieci anni fa sono tornata in Italia per chiudere la carriera qui, ma ancora sto giocando...».

Ma è vero che in un certo momento potevi diventare una giocatrice della Nazionale azzurra anziché argentina?
«Sì. E la cosa non è avvenuta per pura casualità. Era il 1991 o ’92, allora non c’era la posta elettronica o altri media di oggi, le convocazioni avvenivano per comunicazione cartacea. L’Italia mi chiamò per un torneo internazionale under 16, ma la lettera non arrivò - o non fu vista, non so - dalla segreteria della mia società. Io intanto ero partita per l’Argentina. La convocazione non ebbe risposta e quindi fu chiamata un’altra giocatrice al posto mio. Lo seppi dopo. La mia potenziale avventura azzurra terminò prima ancora di cominciare. Chissà come sarebbe andata. Di lì a qualche anno, invece, iniziò la mia presenza con la Nazionale senior dell’Argentina, che è durata ben diciannove anni».

Tanti campionati, tante esperienze alle spalle… hai un sogno per questa stagione?
«Lo scorso anno la Halley Thunder raggiunse il primo turno dei playoff, quindi per questo campionato l’obiettivo comunemente individuato è di provare a fare meglio. Nel breve periodo, credo che siano fondamentali le prossime partite ravvicinate: ne giocheremo tre nei prossimi otto giorni – a cominciare da sabato in casa con Ponzano - cinque da qui al 23 dicembre, importanti per capire la nostra posizione al termine del girone di andata. La mentalità è quella di rispettare tutte le squadre, ma anche di provare a giocarcela con tutte, anche quelle più forti».

Fonte: Ferruccio Cocco - ufficio stampa Thunder Basket Matelica

 

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